“Riordinare acqua, rifiuti e trasporti sotto la programmazione di un unico soggetto per renderli più efficienti e più efficaci per i cittadini”
di Stefano Fracasso* C’era una volta l’acqua del sindaco, nel senso che l’acquedotto era gestito dal comune. Pure la raccolta rifiuti era gestita dal singolo comune, e anche il gas. Acqua, igiene urbana, energia: tre servizi essenziali che nessun comune gestisce più direttamente. Sono nate società consortili per l’acqua e rifiuti, più spesso il gas è stato messo a gara. Ma chi programma e organizza questi servizi? Ancora i comuni ma in cooperazione. Così sono stati previsti ambiti ottimali dove programmarne e organizzarne la gestione, affidati sempre ai comuni ma in forma associata. E’ così anche per il trasporto pubblico, e per il sociale.. Bene si dirà, l’unione (dei comuni) fa la forza; peccato che in Veneto ogni ambito vada per conto suo. Gli ambiti per i rifiuti sono 12, quelli per l’acqua 9. Anche le Usl sono nove ma non corrispondono agli ambiti dell’acqua. Per il trasporto pubblico sono 7 come le attuali provincie. E mi fermo qui per evidenziare l’assoluta non volontà del governo Veneto di dare una soluzione unitaria all’organizzazione di questi servizi fondamentali. La legge Delrio avrà anche difetti ma l’opportunità di riordinare queste funzioni la dà per farlo, non serve e l’autonomia, basta un disegno chiaro e la volontà politica. Ora che le provincie sono enti di secondo livello, cioè fatte dai sindaci, perché non ricondurre la gestione dei servizi pubblici locali (quantomeno acqua, rifiuti e trasporti) a questo ente? Smetteremo di far girare i sindaci da un’assemblea all’altra, chiuderemo con l’esperienza degli enti di bacino che dovrebbero fare programmazione e controllo ma che con zero personale e zero competenze professionali si trovano a ratificare le decisioni prese dalle società di gestione. E daremo un chiaro riferimento anche ai cittadini di dove e chi decide dei loro servizi. L’occasione della Delrio il Veneto non ha saputo coglierla perché la Lega si è mostrata refrattaria a qualsiasi mutamento dello status quo. Non parliamo dell’istituzione della Città metropolitana di Venezia per la quale Zaia ha perfino firmato la delibera per il referendum per la separazione di Mestre, ispirandosi al principio «la Regione divida quello che il Parlamento ha unito». Meno si delegano i poteri di area vasta più trionfa il governatore. Mentre si rivendica l’autonomia a Roma la si nega in casa. E così la bussola dei sindaci rimane impazzita, le provincie galleggiano in mezzo al guado ma stanno per affondare, e proliferano consigli di bacino, assemblee dei sindaci di questo e di quello. Tutti poteri deboli che non hanno reali capacità di governo di questioni sempre più complesse. Programmare la fornitura di servizi essenziali ai cittadini è una cosa seria, controllare che i gestori facciano il loro dovere lo è altrettanto. Semplificare gli enti di cooperazione tra i comuni deve essere un imperativo di efficacia e di efficienza. Una sola casa dei comuni, le provincie dopo la Delrio, dove i sindaci governano unitariamente acqua, rifiuti e trasporto pubblico. Un vero riordino degli enti locali non può che iniziare da qui, la strada dell’unioni di comuni, delle convenzioni, delle fusioni è purtroppo accidentata e fuori dalle competenze regionali. Peraltro nessuno dei vincitori delle recenti elezioni politiche ha messo il tema dell’accorpamento dei piccolissimi comuni nel proprio programma e poco c’è da attendersi in tal senso. Piuttosto la domanda è: il nuovo governo giallo-verde, con sfumature azzurre, abolirà la legge Delrio per farci tornare alle Provincie vecchia maniera? *Capogruppo Pd Consiglio Regionale del Veneto