Per il consigliere regionale del Pd va riaperta la vertenza a livello nazionale per modificare la legge. La Regione sia capofila
“Sulle trivellazioni il Delta del Po e il Polesine hanno già dato. La mia posizione non è certo cambiata rispetto al referendum dello scorso aprile, di cui fui uno dei promotori: dobbiamo dire no alle estrazioni nell’Adriatico, anche se la distanza è quella consentita dalla legge, riaprendo una vertenza a livello nazionale”. A sostenerlo è Graziano Azzalin, consigliere regionale del Partito democratico, a proposito del giacimento di gas metano individuato in Alto Adriatico e per il quale la società PoValley ha già chiesto di avviare la Valutazione di impatto ambientale e autorizzazione integrata ambientale. “I pozzi si trovano a 12,58 miglia dalla costa, solo mezzo miglio in più di quanto permesso dalla legge e questa è una vera propria in giro: vorrei vedere chi certifica che nel sottosuolo le operazioni di estrazione avvengano rispettando la distanza prevista. Questa è una zona delicatissima e che ha già pagato tantissimo per la subsidenza, i danni provocati da alluvioni e abbassamento del suolo sono lì a certificarlo. Per questa ragione da mezzo secolo le trivellazioni sono vietate, non dobbiamo poi dimenticare i miliardi spesi per il rafforzamento degli argini e le rifacimento della rete di bonifica, la cui funzione è indispensabile per un territorio completamente sotto il livello del mare. Non possiamo correre ancora rischi a distanza di tanto tempo, né sottovalutare il problema pensando ai progressi tecnologici”. “Il referendum è stata un’occasione persa per il Polesine e non solo, anche se in queste zone si è sfiorato il quorum, segno di un’alta sensibilità e attenzione verso il problema. Da parte nostra continueremo a batterci per tutelare un’area così fragile. La questione è ovviamente in capo a Roma, poiché occorre modificare la legge a livello nazionale. Sono convinto che vada riaperta la questione delle estrazioni di idrocarburi in Alto Adriatico anche oltre le 12 miglia, perché, soprattutto in un mare chiuso come quello, possono essere concausa di danni alle coste. E non c’è solo il Polesine, ma tutta la gronda lagunare veneta, con al centro Venezia, dove si stanno spendendo miliardi di euro per un’opera di difesa dalle acque – afferma ancora Azzalin – La Regione, che è stata in prima linea sul referendum del 17 aprile si faccia carico dell’iniziativa politica per guidare nuova fase di interlocuzione con il governo su questo tema”.