Le elezioni amministrative appena concluse ci restituiscono l’imponenza del lavoro che ci aspetta. Siamo arrivati fino a qui a questa sconfitta durissima assieme, assieme la analizzeremo e assieme troveremo le soluzioni per superare questa fase ricca di sfide. Dobbiamo metterci al lavoro con molta umiltà e con altrettanta tenacia per riallacciare il rapporto con i cittadini, con i corpi intermedi e con quei pezzi di società che anche domenica hanno scelto di astenersi dalle urne. Sarà un lavoro lungo, a tratti travagliato, ma è nostra piena responsabilità portarlo avanti. Se non apriamo il Pd per un confronto di idee con la società, con i cittadini, con le imprese – in definitiva con i veneti, la dolorosa sconfitta elettorale del 31 maggio scorso è destinata a ripetersi. Se non cambiamo nel profondo il nostro modo di stare insieme come comunità – partito, saremo votati all’irrilevanza politica e sociale. Se non ci rimettiamo a studiare e a far studiare i nostri prossimi dirigenti e amministratori, non avremo futuro. Purtroppo, questa tornata elettorale, drammatizza una situazione tutt’altro che nuova. E’ dal 1995 che il centrosinistra in Veneto ha perso tutte le elezioni regionali senza riuscire mai a contendere realmente al centrodestra il governo della Regione. Dopo 20 anni di sconfitte, la missione dei gruppi dirigenti a tutti i livelli è farsi carico della responsabilità di riformare la nostra comunità mettendo al centro le idee e la politica e non le correnti e le tessere. E’ urgente definire insieme un’agenda di apertura all’intera società veneta: attraverso i circoli, con i militanti, coinvolgendo maggiormente i nostri amministratori e gli eletti in Parlamento e Consiglio Regionale. La priorità a mio avviso, e sceglieremo quali saranno le modalità più efficaci, è attivare l’ascolto di quanto dicono i veneti, per includerli nelle nostre conversazioni, senza il timore di allungare il nostro sguardo verso chi porta idee nuove e offre punti di vista e modalità che magari consideriamo poco ortodossi rispetto al nostro vissuto tradizionale. Altrimenti rischiamo di ripetere l’errore degli ultimi 20 anni: dialoghiamo solo con chi già è orientato politicamente sul Pd o, al massimo, con i rappresentanti dei sindacati e delle associazioni di categoria, la cui mediazione è forse efficace in termini di preferenze, ma non è così penetrante da spostare interi pezzi di elettorato. Tutti gli altri sono “veneti che non capiscono, non sanno, sbagliano”, per ripetere la frase che purtroppo ho sentito pronunciare pochi giorni dopo la sconfitta. Non è così. Non sono i veneti a sbagliare. E’ il Pd del Veneto che deve cambiare per entrare in sintonia con i cittadini che ambisce amministrare e per fare, insieme con loro, un percorso di crescita sociale e culturale. Io credo ci siano due aspetti da tenere in considerazione. Primo, abbiamo necessità estrema di smetterla di contarci e di farci piccole guerre sterili. Per 20 anni abbiamo reso permanente e feroce il conflitto tra le correnti interne al Pd e governato 0 giorni la nostra regione. Cosa vogliamo fare nei prossimi 20 anni? Io ho l’ambizione di invertire questa tendenza. Secondo, c’è un conflitto generazionale in atto nel nostro paese. Si manifesta principalmente in materia di mercato del lavoro, di pensioni, di riforma della scuola e della giustizia. E’ stato al centro delle discussioni politiche anche nel nostro partito. Io resto convinto della necessità di portare avanti con forza il programma riformista del governo Renzi. Sono convinto altresì della necessità di declinare quel programma in Veneto. Come ho detto in direzione nazionale la settimana scorsa, il Pd deve avere una linea politica nazionale, ma con forti identità territoriali. Inoltre, se pensiamo che bastano uno o due volti sconosciuti ai più per rinnovare il Pd staremmo sbagliando obiettivo. Non è un problema di età anagrafica o di quanto una persona abbia servito all’interno del partito o delle istituzioni. Non è un problema di vecchi o di nuovi. Dobbiamo domandarci invece chi meglio di noi riesce a capire, interpretare e agire perché quel conflitto generazionale si risolva. Ne abbiamo estremo bisogno. C’è bisogno del contributo di tutti, soprattutto perché dobbiamo rivedere il modo in cui selezioniamo la nostra classe dirigente. E questo è un altro punto dolente. Io sono alla vostra guida da poco più di un anno, ma sono nel Pd da molto di più. Fino a qualche tempo fa l’attività di formazione del personale politico era una cosa seria: si tenevano corsi tenuti da docenti universitari, politologi, esperti e da esponenti di partito che avevano esperienze consolidate. Oggi non è più così, i nostri giovani li battezziamo direttamente nel confronto elettorale o, peggio, con la presenza in un talk televisivo, dove magari arrivano del tutto impreparati sul mezzo oltre che sui contenuti. Lunedì, in direzione regionale, presenterò un piano per ridare impulso alla Scuola di formazione politica del Veneto e riattivarne i corsi a cui – secondo me – dovranno partecipare non solo i nostri giovani, ma anche ragazze e ragazzi esterni al partito. La ricostituzione delle idee deve coinvolgere tutti, ma proprio tutti, dal sottoscritto all’ultimo militante. Sono infine convinto che se apriremo un cantiere ricostruttivo del Pd riusciremo entro qualche mese a dare al nostro partito quell’identità e quel carattere che fino ad oggi i veneti non ci hanno – correttamente – riconosciuto. Riusciremo a sintonizzarci finalmente con i cittadini ai quali chiediamo fiducia per governarli e riusciremo a definire e assumere linee politiche che siano la sintesi concreta del Veneto e non il minimo comune denominatore delle appartenenze interne. Non sarà facile, non sarà breve. Ci saranno tanti ostacoli ma il tempo delle rendite e della matematica gestione delle sconfitte è terminato. Se vogliamo davvero cambiare il Veneto, prima di tutto dobbiamo cambiare noi stessi. Buon lavoro a tutti Roger De Menech
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