Bisato: l’infettivologo è colpevole di aver mostrato l’inadeguatezza della dirigenza della sanità regionale. Intanto Immuni in Veneto non funziona e l’app di tracciamento annunciata in primavera non è mai stata realizzata
La revoca del patrocinio all’iniziativa organizzata dall’Ateneo di Treviso con Andrea Crisanti mostra finalmente il vero volto del potere di Zaia. Al di là della vulgata che lo dipinge come bonario uomo di popolo, il presidente del Veneto esercita il potere in maniera feroce e vendicativa. Non tollera critiche, figurarsi il dissenso, soprattutto se proviene dall’ambito scientifico e non da una parte politica. Crisanti è diventato per la Regione un ‘intoccabile’, come gli appartenenti alla casta indiana più bassa, perché ha osato mettere a nudo l’inadeguatezza della dirigenza regionale sanità di fronte all’emergenza Covid-19.
Purtroppo, a dare ragione a Crisanti sono i fatti: a giugno con il solito fare da imbonitore con l’unguento universale, Zaia ha annunciato che l’app Immuni non sarebbe stata adottata e che il Veneto si faceva la propria app. Sono passati mesi e l’applicazione di tracciamento con la bandiera del Leone si deve essere persa nelle melme che sottostanno palazzo Balbi. Non ce n’è traccia, proprio adesso che i contagi risalgono paurosamente e ce ne sarebbe un bisogno urgente. Nelle ultime settimane il contagio si è diffuso al ritmo 600-800 casi al giorno. Intanto Immuni, l’applicazione realizzata dal governo in collaborazione con i massimi esperti nazionali in Veneto non funziona, in quanto le aziende sanitarie regionali non caricano i dati dei contagiati. ‘Ci siamo ispirati al modello della Corea’, aveva scritto Zaia a giugno. Probabilmente si riferiva alla Corea del Nord.