di Alessandro Naccarato*
Di recente tre elementi hanno reso evidente la profondità del radicamento mafioso in Veneto.
Primo. Il 30 settembre scorso, nel corso del processo contro la nuova mafia del Brenta, all’interno dell’aula bunker di Mestre, un imputato ha accoltellato Loris Trabujo, altro imputato che ha collaborato con la magistratura.
Secondo. Nel 2022 il Veneto si è confermata la quarta regione per segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio, raggiungendo il numero di 11.437 con un aumento del 10,3% rispetto all’anno precedente. La crescita è particolarmente elevata a Venezia, +22,1%, e a Padova, + 13,1%.
Terzo. L’8 febbraio, dopo la decisione del tribunale di Venezia di modificare la detenzione preventiva in carcere con l’obbligo di dimora nella propria residenza per alcuni imputati nel processo contro la camorra del Veneto orientale, si sono svolti festeggiamenti con fuochi d’artificio ad Eraclea, seguendo il metodo e le manifestazioni che si svolgono nelle aree ad alta densità mafiosa.
Questi tre elementi, uniti alle acquisizioni giudiziarie affermate in diversi processi, confermano che le organizzazioni mafiose hanno radicato ormai da tempo la propria presenza attiva in Veneto con l’obiettivo di aumentare la propria forza economica riciclando risorse di provenienza illecita e stabilendo relazioni e rapporti stabili con il tessuto produttivo delle imprese, con il mondo delle professioni e con la pubblica amministrazione.
In particolare l’aggressione plateale, nel pieno svolgimento di un processo e all’interno di un tribunale, contro un imputato, accusato di essere un “infame” per avere collaborato con la giustizia, serve a manifestare la forza delle organizzazioni criminali, in questo caso della mafia del Brenta e delle sue propaggini. Il messaggio è chiaro: chi rompe il vincolo dell’omertà, uno dei requisiti identificativi dell’associazione di stampo mafioso, viene colpito a qualunque costo e in qualsiasi luogo. Anche i festeggiamenti di Eraclea hanno lo scopo di mandare un messaggio simile: le indagini e i processi non hanno indebolito i gruppi criminali che sono ancora forti e radicati.
In passato le sottovalutazioni del fenomeno hanno favorito il radicamento mafioso. Basti pensare che la mafia del Brenta viene ancora oggi da molti considerata una banda di criminali comuni, tanto da definirla “mala” e non “mafia” con l’intenzione di sostenere che in Veneto la mafia non esiste, esattamente come in Sicilia in passato. Identica sottovalutazione c’è stata nella decisione governativa di non sciogliere il comune di Eraclea pur di fronte a significativi condizionamenti criminali a livello istituzionale. Il risultato è la permanenza, per ora mimetizzata e silente, di soggetti collegati alla camorra insediata in quei luoghi, soggetti che, con i fuochi d’artificio, segnalano la loro disponibilità a riprendere e a proseguire le attività illecite.
Gli episodi descritti indicano che la situazione è seria e che è necessario superare le sottovalutazioni e dotare di maggiori risorse e strumenti l’autorità giudiziaria e le forze dell’ordine per prevenire e per contrastare le mafie.
*Responsabile Forum Legalità e Sicurezza del Partito democratico del Veneto